"Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe dun impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;

che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Ché quer covo dassassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finché dura sto macello:
fa la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!"

 

- Trilussa, "Ninna-nanna de la guerra"

"Era d'agosto e un povero uccelletto
ferito dai pallini di un moschetto
andò a posarsi con un'ala offesa
sulla finestra aperta di una chiesa.

 

Dalle tendine del confessionale
il parroco intravide l'animale,
ma, pressato da molti peccatori
che volevan pentirsi degli errori,
richiuse le tendine immantinente
e si rimise a confessar la gente.

 

Mentre in ginocchio oppur stando a sedere
ogni fedele diceva le preghiere
una donna, notato l'uccelletto,
lo pose al caldo mettendolo nel petto.

 

A un tratto un improvviso cinguettìo
ruppe il silenzio nel tempio di Dio.
Rise qualcuno e il prete, a quel rumore,
il ruolo abbandonò di confessore,
s'arrampicò sul pulpito veloce
e di lassù gridò ad altra voce:
«Fratelli, chi ha l'uccello, per favore,
esca fuori dal tempio del Signore.»

I maschi, un po' stupiti a tal parole,
lesti si accinsero ad alzar le suole,
ma il prete a quell'errore madornale
«Fermi!» – gridò – «mi sono espresso male,
rientrate tutti e statemi a sentire:
solo chi ha preso l'uccello deve uscire.»

A testa bassa e la corona in mano
cento donne s'alzarono pian piano,
ma mentre s'affrettavan di buon ora
il prete le gridò «Ho sbagliato ancora,
rientrate tutte quante figlie amate,
ch'io non volevo dire quel che pensate.»

E riprese: «Già dissi e torno a dire,
solo chi ha preso l'uccello deve uscire,
ma mi rivolgo a voce chiara e estesa
solo a chi ha preso l'uccello in chiesa.»

A tal parole, nello stesso istante,
le monache si alzaron tutte quante,
quindi, col viso pieno di rossore,
lasciarono la casa del Signore.

«Santa Vergine!» – esclamò il buon prete – 
«Sorelle, su rientrate, state quiete,
perché voglio concluder, sissignori,
la serie degli equivoci e di errori,
perciò, senza rumore, piano piano,
esca soltanto chi ha l'uccello in mano.»

Una fanciulla che col fidanzato
era nascosta in un angolo appartato
dentro una cappella laterale,
poco mancò che si sentisse male,
quindi gli sussurrò col viso smorto:
«Te lo dicevo, hai visto, se n'è accorto!»"

 

(Altro finale aggiunto)

"Ma in un angolo ancora più appartato,
un'altra ragazza col fidanzato,
disse: «Caro, non se n'è accorto, ché io non son sciocca, 
in quanto, l'uccello, lo tenevo in bocca!»"

 

- Trilussa; "L'uccelletto in chiesa" o "Il passero ferito", versione in italiano di un sonetto in romanesco di Natale Polci dal titolo "Er passero ferito"

"Anche l'amore è un'arca

che salva dal diluvio della vita

ma a tempesta finita

non si sa mai la roba che si sbarca."

 

- Trilussa